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Il disagio dei figli nei casi di divorzio e separazione e le possibili violenze di ordine etico

psicologia, psicoterapia, psichiatria, attacchi di panico, fobie, disturbi umore

Quando i genitori sono impegnati a litigare, i bambini non hanno la possibilità di vivere bene. Emerge nel fanciullo un disagio psicologico che rappresenta l'elemento cardine del suo futuro.
Egli potrà sviluppare comportamenti e atteggiamenti psicopatologicamente alterati. Sebbene sia impossibile sapere preventivamente quali saranno le conseguenze che un figlio dovrà subire, esistono elementi direttamente collegati: età del bambino, quantità e qualità dell'investimento affettivo verso le figure genitoriali (attaccamento), figure di riferimento alternative (zii, nonni, amici, etc.), elementi caratteriologici del minore (caratteristiche personali) e, soprattutto
IL MODO IN CUI I GENITORI GESTISCONO LE LORO CONFLITTUALITA: PRIMA, DURANTE E DOPO LA LORO SEPARAZIONE.
La paura di poter perdere le figure di riferimento affettive per il bambino, può provocare in lui l'incapacità di elaborare il cambiamento legato alla separazione dei genitori e provocare ansia e depressione.
Secondo John Bowlby, psicoanalista britannico che ha elaborato la teoria dell’attaccamento, interessandosi particolarmente agli aspetti che caratterizzano il legame madre bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia, quanto più sicuro sarà l’attaccamento genitoriale tanto più forte sarà la capacità di un bambino di ‘resistere’alla separazione. Tuttavia, un bambino non potrà rimanere separato per lungo tempo da una delle figure genitoriali di riferimento, poiché questa situazione genererà una angoscia sempre crescente, con tutte le possibili conseguenze: tensione emotiva, ansia, attacchi di panico.
Quando i genitori scelgono per relazionarsi la disputa ad oltranza senza esclusione di colpi, i bambini sono spesso triangolati.  La triangolazione è una coalizione instabile in cui ciascun genitore desidera che il figlio parteggi per lui contro l'altro. Se c'è una triangolazione, il figlio rimane come paralizzato o diventa incongruo, in quanto cerca di dare ragione e affetto sia all'uno sia all'altro, alternativamente. Quando una tale situazione persiste, il bambino potrebbe sviluppare molteplici psicopatologie: "tentativi di addurre a se attenzione in modo patologico, alterazioni e disturbi del comportamento alimentare nel tentativo di modificare la sua immagine, allo scopo di nascondere il proprio sé disturbato dal comportamento dei genitori. La violenza psicologica può generare una ferita indelebile nel profondo del fanciullo.
La forma più frequente di violenza etica, non apprezzabile per il codice penale, agita ai danni dei figli minori consiste nell' impedire loro di avere rapporti validi e significativi con entrambi i genitori. Questa condizione viene avallata dai provvedimenti del tribunale che rendono il genitore affidatario, in via di diritto e in via di fatto, possessore dell' “oggetto-figlio”. I figli sono usati frequentemente come arma di ricatto o di “punizione” contro il genitore giudicato colpevole del fallimento del matrimonio. Per tali motivi, non sono rari i casi in cui la conflittualità della coppia genitoriale si traduce in una sofferenza di grado elevato del minore, che finisce col dimostrare segni di disagio psichico, disadattamento sociale, disturbi di origine nervosa.
Esiste una seconda forma di violenza, quella insita nella natura stessa dei provvedimenti giudiziali e nell'esecuzione forzata dei medesimi.
I provvedimenti giudiziali, se da un lato sono necessari ed ineludibili, dall'altro hanno insita, per la loro stessa natura coercitiva e rigida, una forma di violenza duplice: materiale e psicologica.
Da questa premessa si evidenzia  l'opportunità di una particolare attenzione rivolta ai servizi di tutela, prevenzione e assistenza verso i minori. Una nuova cultura dell'infanzia e della separazione libera da pregiudizi, che il nostro ordinamento non prevede e, talvolta, ostacola anche nel nome di un diritto certo e quindi astratto.
Una nuova cultura nella gestione della dissociazione coniugale, con una attenzione che rispetti e tuteli i minori coinvolti inevitabilmente nella disputa, richiede che i genitori sappiano fare entrambi un passo indietro nella gestione delle situazioni difficili che devono essere superate, riscoprendosi e riconoscendosi vicendevolmente figure valide per la crescita equilibrata ed armonica dei propri figli, nonostante tutte le problematiche collegate alla separazione.

Le conseguenze della separazione: gli effetti della separazione sui figli

Con la separazione il legame tra i coniugi non si interrompe. Esiste una profonda differenza tra separazione coniugale e responsabilità genitoriale.
I coniugi che constatano il fallimento della loro unione sentimentale,  attraverso la separazione, scioglieranno la reciproca congiunzione di bisogni e di aspettative, ma non potranno mai sciogliere il loro legame genitoriale.
La divisione delle parti che compongono il nucleo familiare pare rappresentare per il bambino un evento disturbante.
Per il bambino, specialmente se molto piccolo, è sempre difficile distinguere le relazioni che intercorrono tra lui e i genitori e le relazioni intercorrenti tra i genitori stessi. Quando si modificano le seconde il bambino è portato a ritenere che si siano modificate anche le prime. Il fanciullo non può possedere strumenti cognitivi sufficienti per elaborare la "perdita" di uno dei genitori e per comprendere i motivi di questo cambiamento.
Il bambino può arrivare ad attribuirsi la colpa del fallimento dell'unione familiare elaborando, con i mezzi cognitivi disponibili alla sua età, una responsabilità propria e di non meritare l'amore dei genitori. Inoltre, il bambino può vivere l'allontanamento di uno dei genitori come un abbandono della famiglia verso il genitore che non è più in casa, destino che lo spaventa terribilmente se pensa che potrebbe capitare anche a lui.
Quando questo difficile periodo di cambiamento dell'assetto familiare è accompagnato da ostilità e conflittualità tra i coniugi, il bambino rischia di venire manipolato dai genitori allo scopo di ottenere il suo l'affidamento e questo non solo per affetto materno/paterno, quanto per un reciproco sentimento di rivalsa tra adulti. Vincere la causa di separazione rappresenta il pubblico riconoscimento di genitore e di adeguatezza anche nel ruolo di coniuge. Chi perde la causa vive un senso di scoramento e, talvolta, di rabbia verso il sistema.
Il bambino sperimenta in prima persona i pressanti e fastidiosi tentativi di alleanza che ognuno dei due genitori vuole instaurare con lui a scapito dell'altro; in questo modo il rapporto con uno dei genitori potrebbe risultarne compromesso. Nel rapporto con il genitore non affidatario, il bambino sarà portato ad assorbire le valutazioni negative espresse dall'altro genitore e quindi indotto a nutrire sentimenti negativi verso chi gli viene "disegnato" come colui/colei che lo ha abbandonato. Il genitore affidatario tenderà ad ostacolare, anziché favorire, i rapporti del figlio con l'altro genitore. Il genitore non affidatario, da parte sua, si comporta frequentemente allo stesso modo, parlando male del genitore affidatario e, approfittando delle giuste limitazioni che il genitore affidatario fa rispettare al bambino, per apparire ai suoi occhi come il genitore più aperto, liberale e sempre possibilista. Una ulteriore insidia a danno del bambino si presenta quando il genitore non affidatario interpreta le difficoltà relazionali con il figlio, dovute generalmente ad una insufficiente comunicazione e ad un rapporto superficiale con incontri fugaci, come l'effetto di un'azione di plagio da parte dell'altro genitore, con conseguente inasprimento del conflitto.
Imprigionato dentro queste dinamiche perverse degli ex partner, il bambino sarà costretto a vedere deteriorare i suoi rapporti con entrambi i genitori.
Elizabeth Kübler Ross, medico, psichiatra e docente di medicina comportamentale, sostiene che la separazione dei genitori sia vissuta dal bambino con una miscela di emozioni che toccano il senso di abbandono, rabbia, frustrazione, sentimenti simili al dolore provato di fronte alla morte di una persona cara. Nel modello presentato dall’Autrice, si osservano cinque stadi di elaborazione del lutto che, adattati alle situazioni di divorzio e separazione, si distinguono in:
1° stadio: negazione. I bambini rifiutano di accettare la separazione dei genitori e la conseguente perdita di uno di essi, arrivando a negare la realtà della separazione.
2° stadio: rabbia. È frequente che i bambini in questo momento particolare della loro vita provino rabbia o ostilità nei confronti di uno o di entrambi i genitori, dei fratelli, delle sorelle, degli amici e persino di loro stessi, ritenendoli/ritenendosi la causa del conflitto e/o della separazione.
3° stadio: negoziazione. Alcuni figli, attraverso un cambiamento comportamentale negativo (es. ricatto emotivo) oppure positivo (es. alleanza per manipolare il fanciullo), cercano di frenare il processo di separazione genitoriale o di posticiparne il distacco.
4° stadio: depressione. Si è rilevato che i bambini in questione hanno una probabilità maggiore di sviluppare sentimenti di abbandono, di paura e si dimostrano apatici.
5° stadio: accettazione. Con il passare del tempo, diversi bambini sembrano riacquistare un loro equilibrio e sentirsi a loro agio nella nuova situazione familiare, potendo rivivere sentimenti di conferma d'amore e di accoglimento affettivo.
I figli non arrivano ad una accettazione del divorzio dei propri genitori se prima non affrontano ed elaborano le varie fasi del dolore. L’elemento fondamentale per i bambini e per i genitori è permettersi di soffrire, poiché solo in questo modo è possibile superare il dolore della separazione, in particolare modo se conflittuale e densa di ostilità.
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La separazione conflittuale

Il conflitto è una situazione che innesca emozioni forti e spesso richiede interventi, decisioni e scelte precise. Le persone coinvolte sperimentano un profondo senso di solitudine, un isolamento legato alla difficoltà di riconoscere e comunicare quanto si sta provando, ma anche alla paura di perdere posizioni nella contesa in corso. In particolar modo se i contendenti cadono nella trappola dell'evoluzione estrema del conflitto, definita “muro contro muro”. Una famiglia conflittuale non è necessariamente malata e nemmeno deviante; l’aspetto problematico non è il conflitto in sé, quanto piuttosto la sua “gestione” e l'opportunità, per i soggetti coinvolti, di affrontarlo in modo costruttivo.
Esistono segnali che evidenziano un forte disagio per i minori coinvolti nelle aspre contese tra i genitori:
• Disturbi del comportamento. Tra i disturbi del comportamento più manifesti ricordiamo: l'aggressività, la crudeltà verso gli animali, l'iperattività, i comportamenti violenti contro di sé e gli altri, l'inibizione.
• Disagi nell’area emotiva. Come ansia, rabbia, depressione, scarsa autostima.
• Difficoltà a scuola. Le difficoltà a scuola si manifestano attraverso disturbi dell’apprendimento e scarso profitto scolastico.
• Sintomi psicosomatici. La psicosomatica è una branca della psicologia medica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico (organico) e la sua eziologia di natura psicologica.
In presenza di questi segnali, gli adulti dovrebbero riflettere sul passato, sul presente e sul futuro dei propri bambini e di se stessi.

Le conseguenze sui minori

Il mediatore dovrà creare le condizioni favorevoli e l'atmosfera di ascolto adeguata, affinché nel corso della mediazione familiare siano manifestati i soggettivi angoli di visione dei sistemi di valori di ognuno e della coppia, rispetto gli aspetti considerati negativi.
Il mediatore dovrà prendere posizione attraverso gli elementi emersi in mediazione, rispetto ai riferimenti di valore che entrambi i genitori hanno assunto nella scelta di condividere un percorso familiare per arricchire, gestire e valorizzare la reciproca responsabilità genitoriale.
Esiste una sintomatologia propria e possibile dei fanciulli in relazione alla loro età nel contesto separativo dei genitori.
Dal 1° al 2° anno di vita: rilevata difficoltà ad addormentarsi; disorientamento; difficoltà in campo linguistico; scarso interesse per i giocattoli.
Dal 2° al 3° anno di vita: regressione nell’educazione al controllo delle funzioni psicologiche (percezione, emozione, motivazione, memoria, apprendimento, pensiero e linguaggio); attraverso cui il bambino interagisce con l'ambiente ed elabora rappresentazioni dell'ambiente e di se stesso. Ricorso ad oggetti di sostituzione, implementazione delle figure, oggetti, irritabilità facile, timidezza, pianto, particolare bisogno di contatto, ostinazione e aggressività.
Dal 3° al 5° anno di vita: comportamenti aggressivi e paura dell’aggressione, atteggiamenti di paura, diminuzione dell’autostima. Scarsa fiducia nel prossimo con comportamenti introspettivi.
Le reazioni si distinguono a seconda del sesso.
Per i maschi: deficit nello sviluppo sociale, incapacità di concentrazione.
Per le femmine si verifica una interiorizzazione dei problemi, tendenza ad isolarsi assumendo comportamenti pseudo-adulti, reazioni presuntuose.
Dal 5° al 6° anno di vita: aggressività, ansia, irritabilità, attacchi di rabbia, fobie, comportamenti dipendenti, sensi di colpa per la separazione dei genitori, premesse per la verbalizzazione partecipe del disagio.
Dal 7° al 8° anno di vita: le reazioni sviluppano una netta differenziazione, tristezza seguita dalla rassegnazione, il disfacimento della famiglia viene vissuta come vera e propria minaccia alla propria realizzabilità; i sensi di colpa diminuiscono, il conflitto edipico trova ritardate realizzazioni, depressione generale che conduce a isolamento e pianto, conflitti di lealtà per i genitori con rabbia e critica verso il genitore che è accusato di aver causato la separazione.
Dal 9° al 13° anno di vita: sindromi psicosomatiche e forme depressive dovute a un’eccessiva responsabilizzazione (pseudo-maturità – responsabilizzazione destrutturata), paura di essere lasciati soli che si traduce in vergogna sociale, problemi di identità in senso sociale, problemi di autostima con evidenti riflessi nell’ambito del rendimento scolastico. La paura di un destino incerto caratterizza un senso generale di solitudine.
Dal 13° al 19° anno di vita: reazioni più plateali e violente, rabbia, dolore, frustrazione per una sensazione di inganno, vergogna sociale, difficoltà a condividere le ragioni del conflitto, timore di un futuro incerto, capacità di inquadramento iper-realistico della separazione. Sono possibili anche relazioni diametralmente opposte; dubbi sulla propria capacità di avere rapporti sereni con un partner, dubbi di ordine generale verso il proprio partner, contatti distruttivi, forme di trascuratezza voluta sia nell’aspetto esteriore che nell’impegno scolastico.

La devianza

Quando il senso di colpa dei genitori si manifesta, a seguito delle continue carenze di amore incondizionato e di attenzione emotiva verso i loro bambini, in alcune situazioni, la tendenza compensatoria si concretizza con un eccesso di denaro e di regali materiali.
E’ veramente sconsigliato generare il meccanismo: "soldi e cose in cambio di affetto”. Nelle famiglie di genitori separati in conflitto tra loro, la tentazione di usare la “generosità” materiale per conquistare considerazione verso i figli è comprensibile, ma non tutela i veri interessi dei minori. Una analisi profonda dei genitori evidenzia che i soldi non possono in nessun caso compensare di debiti di affetto. Nella teoria sulla devianza, la devianza diventa disfunzione sociale (Robert K. Merton).
Il tema delle mete e dei mezzi, trattato del sociologo, è veramente un argomento di attualità. Oggi, il concetto di meta si definisce come mezzo di potere, ricchezza ed integrazione sociale. Sono proposti dall'assunto teorico 5 stadi di adattamento progressivi:
1. CONFORMISMO, si adeguano i propri mezzi e si accettano le mete sociali tipiche della categoria sociale di riferimento.
2. RITUALISMO, si adeguano i propri mezzi e si riducono le mete alla propria scelta e condizione.
3. INNOVATIVO, si rifiutano i mezzi e si innovano le mete, nuovi obiettivi di autorealizzazione sociale.
4. RIBELLIONE, RIFIUTO DEI MEZZI E DELLE METE.
5. ASTENSIONE, l'individuo sceglie di non prendere posizione.
Il problema che all'inizio del terzo millennio si pone, non riguarda le mete possibili, ma frenare l'idea che l'individuo sia onnipotente, in termini di conseguimento di mete e, soprattutto, che tutto sia lecito pur di raggiungere le mete bramate. E' una piaga sociale che richiede un lavoro sia verso i genitori, sia verso i figli. Occorre considerare quali siano i punti dove convergere l'attenzione  per comprendere il disagio sociale, con l'obiettivo di poter contenere il rischio di devianza:
 I MODELLI: (esaltazione del rischio, individualismo). Individualizzazione dei successi e dei fallimenti senza alcuna spiegazione di una o dell'altra ipotesi. Emerge una eccessiva esaltazione a fronte dei successi ed una esagerata depressione per gli insuccessi che la vita, inevitabilmente, propone.
 LA PERDITA DEI VALORI CONDIVISI, occorre attivare qualsiasi forma di risorsa mediante le classiche figure di riferimento: nonni, professori, maestri, etc. Un ancoraggio a figure pedagogiche di riferimento.
 LA PLURALIZZAZIONE DELLE APPARTENENZE, la paura di sentirsi diversi, che non deve essere una costante da assecondare, ma tradursi nella elaborazione del suo perché. I minori devono temere di sentirsi diversi da quello che realmente sono e non da quello che vogliono sembrare. Su questo punto, i genitori hanno un dovere morale e sociale verso i propri bambini. Tradotto in termini pratici con un esempio: "non significa non regalare il telefonino ad un figlio in età prepubere, ma di accompagnare il regalo alle sue regole di utilizzo (a scuola deve essere necessariamente spento, occorre una certa parsimonia nel consumo, chiedere scusa ad un interlocutore se squilla il telefonino prima di rispondere, ecc)".
 ECCEDENZA DEGLI STIMOLI E SMARRIMENTO DELLE SCELTE. Condiviso da tutte le realtà genitoriali. L'orizzonte del consumismo e la perenne sensazione di deprivazione che rendono la persona sempre scontenta di ciò che possiede e cronicamente orientata e attratta dal nuovo, in quanto segno di status e moltiplicatore per una immagine di sé, patologicamente divergente dall'identità dell'individuo.
 CRISI DEL PRINCIPIO DI LEGALITA'. La mancanza della percezione della certezza del diritto, l'impunità come costante e diritto, non come eccezione: "anomia"; mancanza di regole, stato di dissonanza cognitiva tra le aspettative normative e la realtà vissuta.
 INCREMENTO DELL'INSICUREZZA SOCIALE ED INDIVIDUALE. Questo è il rischio che si corre di subire passivamente quando si scambia l'identità come valore fondante con l'identità come valore disponibile. L'identità personale esprimerà il momento in cui il singolo si percepisce affermato per la disponibilità di gratificazioni immediate in grado i sostituire figure e valori di riferimento.
Le parti non possono pensare di decidere della propria identità credendo di sostituirla attraverso il ricorso a gratificazioni, anche solo di carattere economico o materiale, la dove in presenza di figli sia comunque richiesto un riferimento di figure e, soprattutto, di sistemi valoriali; altrimenti ciò che viene minata è la possibilità stessa che si possa parlare di mediazione familiare.
In presenza di alterazioni dei valori fondanti, il rapporto genitori-figli è nell'impossibilità di penetrare un mondo di non valori, purtroppo condivisi dai coniugi. In questo caso la mediazione familiare dovrà cedere il passo ad interventi più radicali, di carattere legale, o di carattere psicologico.

 


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