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Giacometti K. - Sintomo infantile e complessità

psicologia, psicoterapia, psichiatria, attacchi di panico, fobie, disturbi umore

Katia Giacometti ricorda come per Norsa e Zavattini (1991), la coppia avverta il desiderio di avere un figlio, non solo per rafforzare il proprio legame, ma per ottenere delle rassicurazioni sulla loro capacità procreativa, favorendo una maggiore integrazione in merito alla capacità di riparare internamente le funzioni genitoriali.
All'interno del ciclo vitale della famiglia, la nascita di un figlio non solo da vita al ruolo genitoriale, ma anche ad un processo di riorganizzazione a vari livelli. Questo contesto situazionale assieme al nuovo ruolo (di padre e di madre), da origine all'attivazione di quelle identificazioni latenti, che richiedono l'impiego di modelli di relazioni interiorizzati.
In un caso clinico riportato dall’autrice, la nascita di un figlio ha generato nella coppia degli squilibri, poiché il nuovo arrivato era visto dal padre come qualcosa che danneggiava l'armonia della coppia, perché egli si sentiva esautorato dal suo ruolo. Il rapporto tra padre e figlio cambia con la morte della madre, e il padre cerca di ricostruire un rapporto con il figlio, come difesa per le angosce persecutorie che si scatenano con l'entrata di questo ed il suo riconoscimento (Giacometti et al., 1999).

Il concepimento di un figlio richiede la ricerca di un nuovo equilibrio, il confronto con i propri modelli di identificazione e i limiti della propria crescita. Quando un sintomo ha il suo esordio nell’infanzia, può trovare una rapida soluzione se viene inserito e compreso nella cornice delle sue relazioni familiari.
Nel corso del suo sviluppo emotivo, l’individuo procede dalla dipendenza all’indipendenza e, in condizioni di sanità, conserva questa capacità di muoversi in momenti diversi dall’una all’altra. Affinché questa capacità venga conservata, il contesto familiare deve poter favorire movimenti esplorativi e separativi, senza che venga negata l’appartenenza o minacciato l’abbandono.
La libertà di accedere a nuove esperienze richiede un contesto di appartenenza, che si ponga come base sicura da cui poter partire e a cui tornare.
Il sistema relazionale deve rispondere, in base alla fase evolutiva, ai bisogni di continuità e ai bisogni di sperimentazione e favorire il riconoscimento e l’integrazione di nuove rappresentazioni di sé, dell’altro e della relazione.
Nel caso in cui il sintomo venga espresso da un bambino, è utile e necessario procedere ad una consultazione familiare, che permetta di cogliere sia il significato del sintomo, che i rinforzi relazionali che lo mantengono.
L’obiettivo della consultazione è quello di valutare se e come il bambino sia inserito nell’area collusiva, se rappresenti cioè un elemento di stabilizzazione di coppia e/o individuale (di entrambi o di uno dei genitori) e se insieme segnali la necessità di riprendere contatto con un problema accantonato e riattualizzato e agito nell’area della genitorialità. D’altra parte, non è raro che la richiesta per un figlio rappresenti in realtà una disfunzione all’interno della coppia coniugale. Le informazioni che verranno raccolte nel corso della consultazione riguarderanno la funzione del sintomo nell’economia individuale familiare, la funzione che il figlio o i figli hanno assunto nell’area di coppia (genitore accudente, persecutorio, ecc.), il rapporto esistente tra il sottosistema genitoriale e il sottosistema figli, il rapporto esistente tra l’area della genitorialità e l’area della coniugalità, i rapporti con le famiglie d’origine, la qualità del ripetersi di relazioni passate in quella con il figlio.


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