Puleggio A., Beani S. e Sostegni S. – Disagio infantile e famiglia: dai problemi evolutivi alla violenza
Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento delle problematiche riguardanti il disagio psicosociale in età evolutiva, vale a dire che la portata dei malesseri e delle sofferenze di alcuni bambini, sarebbero direttamente proporzionali alla difficoltà di riconoscerli e di intervenire da parte degli adulti.
Il prolungarsi nel tempo di certi disturbi insorti nell’infanzia, accresce sicuramente il significato dell’intervento preventivo, soprattutto per evitare che questi bambini si portino dietro la loro sofferenza troppo a lungo.
Le situazioni di malessere e di conflitto in età evolutiva oggi giorno si esprimono in contesti dove le famiglie si caratterizzano per dinamiche sempre più complesse, basate su aspetti disfunzionali e deprivanti.
Se analizziamo il tema del disagio infantile, facendo riferimento a problemi di natura relazionale, dobbiamo allora tenere conto anche di eventi stressanti come abusi e violenze intra o extra familiari. Sulla base di quanto detto, emergono frequenti esperienze d’abbandono e di perdita della famiglia naturale.
Quando una coppia mette al mondo il primo figlio, il neonato si propone come un nuovo elemento, che modificherà equilibri di funzionamento preesistenti, ma il piccolo rappresenterà anche un momento intermedio tra due storie, cui dovrà seguire una nuova storia della coppia stessa, una nuova trama che si intreccerà con le altre, influenzandosi e modificandosi reciprocamente. Nel corso del tempo, ciascun genitore si rivolgerà al neonato attraverso le proprie espressioni affettive e investendolo di alcune delle aspettative che prima rivolgeva al proprio partner: questo processo di spostamento è del tutto normale. Così, prima attraverso la formazione della coppia, poi con la nascita dei figli, si costituiscono dei fattori relazionali, che rappresentano segnali per l’apprendimento di regolamenti interni. Il neonato trova alla sua nascita una storia già scritta, quella della coppia; una trama nella quale si introduce un nuovo elemento, che interagirà con quello esistente. Questa nuova presenza diverrà parte integrante della mente mitica della famiglia.
Tuttavia, la nascita di un bambino non determina in maniera automatica il completamento del processo mentale all’interno del sistema. Infatti, nelle famiglie disfunzionali o patologiche possono emergere forme di resistenza o di rifiuto di fronte ad elementi di modificazione degli equilibri preesistenti.
Così, la nascita di un bambino può scatenare forme di resistenza da parte del sistema, che non lo integrerà nella sua storia o trama psichica.
Un aspetto delicato della sofferenza infantile riguarda i meccanismi traumatici connessi ad azioni, dirette o indirette, agite nei confronti dei bambini. In questi casi, non si tratta di configurazioni mitiche e delle conseguenze che queste possono avere sull’individuo, ma di effetti lesivi concreti. Si parla di violenze fisiche e psicologiche (queste ultime riferite ad un tipo di comunicazione distorta e disfunzionale). Quanto più l’età del bambino è bassa, tanto più le sue risorse sono esigue. I bambini sono improntati alla fiducia specialmente nei confronti di figure significative.
Non è solo la violenza a generare nel figlio sentimenti di deprivazione dell’identità, ma anche altri tipi di avvenimenti, come l’assenza di una madre, la continua distrazione da parte dei genitori, alcuni comportamenti disfunzionali che riguardano la comunicazione, tra cui l’ingiunzione paradossale, la connotazione negativa, la critica, la squalifica e le ambiguità tra messaggi verbali e non verbali.html/body/p[3]