Dott:Federica Serafini
psicologa psicoterapeuta
Riceve: Via Ugo Guattari, 60g cap 00172 Roma
Piazza di Villa Fiorelli, 2d cap 00182 Roma
Tel: 349-5613776
Mail: scrivimi una mail
Sito Web:
http://www.federicaserafini.it
Chi sono: É mia opinione, che ogni persona che sia in grado di chiedere un appoggio professionale abbia anche tutte le competenze di base per poter decidere di modificare i suoi comportamenti e farlo grazie al sostegno di qualcuno che possa e desideri stargli accanto in maniera consona e non collusiva. Un rapporto alla pari in cui considero l'altro una persona con competenze diverse dalle mie, ma non qualcuno di inferiore a cui offrire mero "assistenzialismo" da una posizione up ad una down. Il paziente è controparte attiva e non passiva, mio compito come suo terapeuta è semplicemente quello di sostenerlo mentre comprende come finora si sia bloccato dal risolvere da solo i propri problemi (Novellino, 1998).
La patologia infatti, ed il sintomo che di essa è la rappresentazione, viene concettualizzata come un’interruzione del processo di cambiamento che “incastra” la persona nella ripetizione di comportamenti disfunzionali che egli utilizza per soddisfare i suoi bisogni, adattandosi così al suo blocco (Zinker, 1978) e rinforzandolo ogni volta.
Sin dai primi giorni di vita le relazioni di attaccamento influenzando la formazione delle connessioni sinaptiche, danno modo agli eventi vissuti di essere inseriti nella memoria sottoforma di modelli mentali per mezzo dei quali ci si possono creare delle aspettative verso il contesto di appartenenza e rendere il mondo più gestibile (Baca, 2005). Più tale modello si rinforza attraverso la ripetizione, il ripristino e la generalizzazione, maggiore sarà il processo di svalutazione delle nuove informazioni. Questo spiega il motivo per cui il paziente - quando il momento del cambiamento in terapia si avvicina - preferisce tenersi stretta l’unica fonte di riconoscimento, seppur negativa che ha conosciuto nella sua vita, piuttosto che imparare ad apprezzare qualcosa di totalmente diverso di cui poi non saprebbe fare a meno, boicottandosi e distruggendo i progressi fatti fino ad allora (Klein, 1983). Solo se il terapeuta riuscirà a fornire un’esperienza emotivamente intensa da interrompere il ritorno al modello conosciuto, esso diventerà vulnerabile e sarà possibile per il paziente modificare le proprie credenze ampliando in tal modo (Tudor, 2003) la parte di sé più realista. La modificazione degli schemi relazionali avvenuta ad opera di questo sano sostegno, porta alla creazione di nuove connessioni sinaptiche che, in quanto incentrate sul presente e non sulla proiezione di rapporti passati su situazioni attuali, daranno luogo al cambiamento (Tudor, 2003; Sills & Hargaden, 2003). Alcune tecniche utilizzate in terapia quindi, in quanto portatrici di una forte esperienza emotiva, rimodelleranno alcune vie neuroni anche in età adulta risultando in questo anche più efficaci dei farmaci (Kandel, 1999; Allen, 2003). Quando si raggiunge una relazione di tale qualità, essa stessa, diventa “la cura” e permette di riorganizzare la conoscenza relazionale implicita sia del paziente che dell’analista (Leone Guglielmotti, 2007) verso il cambiamento di entrambi.
A tal proposito nonostante l’alleanza terapeutica si sia negli anni, dimostrata (Horvath & Symonds, 1991) il fattore comune con il maggior effetto sulla terapia (De Luca, 2004) l’empatia, la sintonizzazione e l’attaccamento, quando non sono accompagnati da una visione alla pari del paziente e tendente alla sua presa di consapevolezza, non risultano sufficienti per condurlo ad una modificazione duratura del proprio comportamento disfunzionale (Cornell & Bonds-White, 2001).
Lo scopo del lavoro terapeutico in Analisi Transazionale è quindi permettere al paziente di comprendere i suoi comportamenti problematici e diventare più disponibile a valutare nuovi modelli su cui basarsi, attraverso la riconquista di una comunicazione diretta tra la componente affettiva e quella cognitiva della personalità (James e Jongeward, 1971).
Di cosa mi occupo: Nella mia pratica clinica faccio riferimento al Codice Deontologico nazionale degli Psicologi (valido per Psicologi e Psicoterapeuti) e se lo ritengo necessario mi avvalgo della consulenza di colleghi specialisti, in modo da escludere o verificare implicanze di natura medica.
Presso i miei studi offro:
percorsi di consulenza psicologica e percorsi di psicoterapia.
Entrambi volti, in base alle necessità dell’individuo, ma con modalità e scopi diversi, alla modificazione di pensieri, emozioni e/o atteggiamenti ormai vissuti come inadatti, basandomi su contratti che mirino alla risoluzione dei problemi di chi mi sta di fronte. E’ proprio il contratto a far sì che la terapia non sia infinita, ma abbia una durata stabilita dalla risoluzione verificabile del contratto stipulato, e di cui terapeuta e paziente possono rendersi conto (per approfondimenti sul tema del contratto rimando alla sezione teorica sull’Analisi Transazionale).
Effettuo quindi sedute a cadenza settimanale in setting individuale (per adulti o minorenni), di coppia (risoluzione delle conflittualità per l’apprendimento di modalità comunicative più funzionali) e terapie di gruppo.
I miei interventi sono quindi rivolti alle persone che vogliono affrontare i propri disagi psicologici in situazioni particolari (come distacchi o lutti) o semplicemente per comprendere meglio se stessi.
Ad oggi mi occupo di:
• fasi evolutive e sviluppo affettivo dei minori;
• sostegno alla genitorialità;
• disturbi d’ansia e stress;
• fobie e attacchi di panico;
• depressione;
• disturbi di personalità;
• valutazioni psicodiagnostiche;
• dipendenza da alcool e droghe;
• disturbi alimentari;
• dipendenze comportamentali (“new addiction” comprendono: dipendenze affettive, dal sesso, da internet, da shopping compulsivo, da gioco d’azzardo, dal lavoro, dallo sport).